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Si conclude l’era del Maggiolino Volkswagen: una storia a cavallo di due secoli

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Pubblicato il 26 July 2019
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Maggiolino: un nome scelto dalla pubblicità perchè ricordava le forme del simpatico insetto. Scopriamo di più sulla sua storia…

Il gioco è bello quando dura poco”. A volte, anche i proverbi, anche quelli più popolari vengono messi a dura prova dalla realtà dei fatti. Non sempre, anzi quasi mai – ma quando il destino ci regala la possibilità di contestare addirittura la “proverbiale saggezza popolare”, significa che siamo davanti a qualcosa di davvero speciale. Come l’inizio della storia del Maggiolino; come la sua vita, anno dopo anno; e come la sua fine: oggi. Un’auto che è “speciale”, punto. Indipendentemente dall’angolazione da cui decideremo di guardarla – che sia l’inizio o la fine di questa storia conta poco. La fine è di qualche giorno fa, con la produzione del Maggiolino definitivamente interrotta. Lo sapevamo da parecchio, ma oggi è successo davvero ed è un po’ come quei giorni che non vorresti mai arrivassero. Con l’unica grande certezza che i 21 milioni e più di Maggiolini sparsi per il mondo – sapranno ben consolarci ad ogni avvistamento su qualche strada lontana o vicina del mondo. Una Storia con la “S” maiuscola, che merita sempre di essere raccontata o ricordata e che vogliamo riassumere così. Per chi non la conoscesse; per chi la volesse sentire ancora.

Una storia unica e interessante perché lunga come due i secoli che ha cavalcato, intensa e pulita nonostante lo sporco di chi l’ha commissionata e voluta. Tutto inizia infatti nel 1934 quando Adolf Hitler durante il Salone di Berlino annuncia la propria visione di automobile: fondamentalmente non più appannaggio dei ricchi, ma destinata anche al “popolo”. Una visione che va anche oltre e che sconfina addirittura nell’immaginare le caratteristiche dell’auto ideale. Per metterla in pratica il Fuhrer chiama nientemeno che Ferdinand Porsche, a cui chiede di dar vita ad una “Volks Wagen” – letteralmente traduzione di – “auto del popolo”. Ma non solo, Hitler va oltre e chiede – o meglio “impone” – anche la scheda tecnica che l’auto del popolo avrebbe dovuto avere, compresa la velocità massima, i consumi. Pure il prezzo era indicato dal dittatore tedesco.

Dal 1934 si arriva quindi al ‘36 quando Ferdinand Porsche propone ben tre “concept” tra cui due berline e una convertibile. Approvato quindi il design di quello che si appresta a diventare il Maggiolino, nonché primo modello firmato ufficialmente “Volkswagen” – si è successivamente individuata la miglior area per edificarne la fabbrica. La scelta cadde sulla regione della Bassa Sassonia nei pressi del castello di Wolfsburg del Conte Schulenberg che, tra l’altro, si vide espropriare la terra per far posto a quella destinata a diventare una delle fabbriche più vaste e produttive del mondo: la Volkswagen. La nascita del brand tedesco, quello che oggi conosciamo tutti è quindi legata a doppio filo proprio con il Maggiolino. Con l’avvio della produzione del Maggiolino, il Fuhrer, continua a metter bocca sull’evoluzione del progetto fino al punto di decretarne addirittura il nome. L’acronimo scelto da Hitler per il Maggiolino fu KDF Wagen, letteralmente “Kraft Durch Freude Wagen” – che suonava un po’ come “Auto della forza attraverso la gioia”. Un nome nitidamente brutto e insensato tanto quanto il cervello brutto e insensato (tanto per usare un eufemismo) di chi lo aveva partorito. Anche lo stesso Porsche avanzò i propri “dubbi” sulla scelta del nome, ma va detto come Adolf Hitler sfoggiasse notoriamente metodi “persuasivi” decisamente “efficaci”. L’auto più simpatica di sempre portava quindi con sé anche il nome più brutto di sempre, almeno tra quelli mai affibbiati ad un’automobile.    

La KDF Wagen debuttò quindi nel 1939 in occasione del Salone di Berlino, guadagnandosi con merito il titolo di “Regina del Salone”. Non tanto perché voluta e “messa lì” dallo stesso Hitler, ma proprio per il livello tecnologico e innovativo che quella vetturetta era in grado di esprimere. Il mitico ingegner Ferdinand Porsche aveva lavorato affinché il progetto KDF fosse davvero facile e funzionale. Sotto la lamiera della vettura batteva un cuore Boxer a benzina da 1,2 litri di cilindrata raffreddato ad aria, una vera chicca quest’ultima per quegli anni. Con il motore messo dietro fu lo spazio degli interni a guadagnarci – con un bel bagagliaio sotto il cofano anteriore e un’abitabilità per cinque passeggeri da record, anche in rapporto a molte automobili del giorno d’oggi. 

Ma proprio nell’anno del lancio, nel 1939 iniziava la Seconda Guerra Mondiale, proprio a causa di chi volle dar vita ad un’auto come il Maggiolino. Va da sé che in quei mesi la fabbrica di Wolfsburg fu costretta ad interrompere la produzione del KDF Wagen convertendo la linea di produzione da civile a militare. Uno switch produttivo che nella sfortuna e miseria di quel periodo del secolo scorso fece davvero bene alla vettura teutonica. Il Maggiolino fu infatti ammesso alla più grande prova su strada di tutti i tempi. Questo perché la meccanica del KDF trovò posto su numerosi mezzi militari dislocati dal caldo dell’Africa meridionale al gelo della Russia. Due i veicoli che videro la luce in quel buio periodo storico: lo Schwimmwagen e la Kubelwagen. Molto interessante era sicuramente la prima delle due, capace di galleggiare e muoversi in acqua fino a 5-6 nodi, circa 10 Km/h.

Nel 1945 finalmente finisce la guerra e della fabbrica di Wolfsburg resta in piedi ben poco. Abbastanza però per dar vita ad un piccolo immenso miracolo industriale. A gestire le operazioni è il tedesco Heinz Nordhoff, messo a capo della fabbrica dagli inglesi vittoriosi nell’appena concluso conflitto mondiale. Nordhoff, con l’aiuto degli operai rimasti a disposizione e con i pochi materiali risparmiati dai bombardamenti degli alleati, riesce a far ripartire la linea di produzione del KDF Wagen, che finalmente potrà anche cambiare nome! In Germania sarà Kafer. Poco dopo la metà degli Anni ‘40 sono appena qualche centinaia le unità prodotte, che diventano però quasi 20 mila nel 1948, sfiorando i 50 mila pezzi entro la fine del ‘49. E così, con un crescendo costante nei 25 anni successivi. 

E fu così che anche l’Italia conobbe il Maggiolino, nome scelto dalla pubblicità per la linea originale che ricordava le forme del simpatico insetto. Ma fu ogni Nazione a scegliere il nomignolo con cui chiamare quello che da noi era Maggiolino. In Germania e Austria era il Kafer; in USA e Gran Bretagna, il Beetle; in Spagna, Messico e nel Sud America ispanico avevamo il Vocho; in Brasile diventava Fusca – mentre i francesi lo chiamavano Coccinelle. Mille facce della stessa medaglia a cui tutti gli appassionati di auto devono molto e che oggi esce definitivamente di scena, ma che grazie a quei quasi 22 milioni di pezzi sparsi ai quattro angoli del mondo non smetterà mai di farci girare la testa. Ciao “Maggiolo”, Grazie, siamo certi che questo è solo l’ennesimo Arrivederci

Pubblicato il 26 July 2019
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